La norma di legge di riferimento per la regolamentazione e il commercio degli sfarinati di frumento è il decreto del Presidente della Repubblica 9 febbraio 2001 n. 187, con questi punti salienti:
Dagli estratti appena elencati è possibile estrapolare alcune conclusioni molto importanti. Innanzitutto la legge classifica le farine in base al contenuto di ceneri, cioè la percentuale di materiale che residua dopo completo incenerimento per combustione della farina: si tratta sostanzialmente di sali minerali.
Questi ultimi sono presenti in quantità molto modeste nell’endosperma, mentre si trovano in abbondandanza negli strati cruscali. Conoscere la quantità di ceneri significa appunto avere un’indicazione sulla quantità di parti cruscali mantenute all’interno della farina durante il processo di macinazione. La legge poi impone un quantitativo minimo di proteine per ogni classe merceologica, questi parametri però non hanno nulla a che vedere con la cosiddetta “forza” delle farine, di cui parleremo a breve: le proteine sono contenute maggiormente negli strati esterni del chicco, perciò maggiore è la quantità di frazioni cruscali (e quindi ceneri) contenute nella farina, maggiore sarà la percentuale di proteine. Si tratta però di proteine che non hanno capacità di aggregarsi a formare quel complesso chiamato “glutine” e che pertanto, come appena chiarito, non hanno nulla a che vedere con la forza di una farina.
L’altra considerazione fondamentale riguarda invece le farine integrali, per le quali è imposto un valore di ceneri compreso tra 1,3% e 1,7%. Il chicco intero di frumento ha una percentuale di ceneri che si aggira intorno all’1,9%, superiore quindi ai massimi consentiti dalla legge. Ciò significa che durante il processo molitorio è d’obbligo l’allontanamento di una percentuale di parti cruscali dalla farina, anche se integrale, altrimenti non sarebbe possibile il commercio di quella farina. I molini più accorti utilizzano la tecnica del peeling che consente di eliminare per abrasione i primi strati esterni della cariosside, dove si depositano tutti i possibili contaminanti che arrivano dal campo. In questo modo è possibile ottenere delle farine integrali a norma di legge e con un profilo igienico-sanitario ancora superiore.
La semola invece differisce dalla farina ed è il prodotto della macinazione del grano duro (ingrediente base nella produzione della pasta secca). Si distingue per granulometria, dalla più fine alla più grezza, la semola rimacinata, la semola, il semolato e la semola integrale.